Per molti anni la parola virus è stata associata a infezioni, malattie e morte. Tuttavia, ci sono numerosi virus che mostrano una preferenza naturale per la distruzione delle cellule tumorali o possono essere modificati geneticamente per colpire selettivamente le masse cancerose. Questi sono noti come virus oncolitici (OV).
All’inizio del 20° secolo è stato osservato che alcuni pazienti oncologici colpiti da un’infezione virale mostravano una diminuzione delle dimensioni del tumore. Ciò ha portato allo sviluppo di una serie di teorie e idee che esplorarono la relazione tra virus e cancro. Negli anni ’50, in una serie di esperimenti, ai pazienti con cancro vennero somministrati fluidi corporei o tessuti infetti prelevati da pazienti con infezioni virali in corso. I virus utilizzati includevano epatiti, influenza e picornavirus. Venne osservata una remissione del tumore che tuttavia sarebbe durata solo da uno a due mesi, con malattia e morbilità inaccettabili associate all’infezione. Dal 1950 al 1980 non sono stati raggiunti risultati clinici positivi e l’interesse dei ricercatori svanì, abbandonando l’idea.
Tuttavia, le tecnologie di ingegneria genetica sviluppate negli anni ’90 hanno riacceso l’interesse per gli OV. Queste nuove tecnologie consentono agli scienziati di alterare i virus, inserendo o eliminando materiale genetico, per renderli più specifici per le cellule tumorali e meno pericolosi per le cellule sane.
Sia i virus oncolitici naturali che quelli ingegnerizzati sfruttano le numerose differenze genetiche tra le cellule tumorali e le cellule normali. Alcuni, ad esempio, infettano le cellule cancerose più facilmente semplicemente perché le loro difese virali sono difettose. La sovraespressione di alcuni recettori di superficie può aiutare ulteriormente gli OV a legarsi e infettare le cellule maligne. L’attivazione anormale dei geni coinvolti nella crescita e proliferazione cellulare, l’inattivazione dei geni coinvolti nell’apoptosi e nella riparazione del DNA, i segnali di crescita anomali e l’ambiente ipossico presente nei tumori, possono aiutare questi virus a replicarsi in modo aggressivo. Una volta che gli OV hanno infettato e si sono moltiplicati all’interno di una cellula tumorale, la cellula esplode (lisi cellulare). Il rilascio del contenuto della cellula nel tessuto circostante, comprese le particelle virali e gli antigeni tumorali, innesca ondate di attività del sistema immunitario locale. Non solo le cellule tumorali vengono infettate e uccise, ma la conseguente stimolazione della risposta immunitaria determina un aumento dell’immunità antitumorale del corpo.
Le cellule immunitarie come le cellule T e i macrofagi iniziano a eliminare le cellule tumorali, così come lo stesso OV, che può portare a un’immunità antitumorale sistemica e prolungata. L’iniezione endovenosa di OV a dosi sufficientemente elevate, per evitare che il sistema immunitario le elimini rapidamente, potrebbe aiutare la risoluzione di tumori secondari e metastasi estese, attualmente tra le più grandi sfide rimanenti della terapia del cancro.
Si ritiene che l’uso più efficace degli OV sia quando vengono somministrati in concomitanza con altre terapie. Per ottenere risultati forti e duraturi e una completa scomparsa del tumore, gli OV potrebbero essere combinati con immunoterapie, come i farmaci inibitori del checkpoint, o radioterapia. Attualmente sono in corso almeno 50 prove di virus oncolitici presso istituti di ricerca in tutto il mondo. Ad oggi, solo un OV è stato approvato dalla Food and Drug Administration negli Stati Uniti: T-VEC, un virus herpes simplex modificato approvato nel 2015 per i pazienti con melanoma.
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