Le persone con la condizione debilitante chiamata long COVID continuano a manifestare sintomi – come affaticamento, mancanza di respiro e persino difficoltà di concentrazione – settimane, mesi o anni dopo l’infezione da SARS-CoV-2. Alcuni studi stimano che fino al 30% delle persone infette, comprese molte che non sono mai state ricoverate in ospedale, presentino sintomi persistenti.
Per esaminare gli effetti a lungo termine della pandemia, tra luglio e novembre 2021, un gruppo di ricerca condotto da Michael Edelstein, epidemiologo della Bar-Ilan University di Safed, in Israele, ha indagato su più di 3.000 persone il manifestarsi dei sintomi più comuni del Long COVID. Tutti erano stati testati per SARS-CoV-2 tra marzo 2020 e il periodo di studio. I ricercatori hanno confrontato la prevalenza di ciascun sintomo con lo stato di vaccinazione e hanno scoperto che i partecipanti completamente vaccinati con Pfizer-BioNTech, che avevano anche avuto COVID-19, avevano il 54% in meno di probabilità di segnalare mal di testa, il 64% in meno di riportare affaticamento e il 68% in meno di segnalare dolore muscolare rispetto alle loro controparti non vaccinate.
Dallo studio si evince come la vaccinazione sembri ridurre il rischio di sviluppare la sindrome da Long COVID-19. Si tratta però solamente di una riduzione, le persone vaccinate mostrano comunque una predisposizione a questa malattia invalidante, resta perciò determinante l’attenzione personale e il rispetto delle norme in vigore per evitare l’infezione.
Risultati di questa tipologia si sono poi susseguiti in altri studi confermando quanto già evidenziato dallo studio israelianio. Il più completo e attendibile è stato svolto nel Regno Unito grazie l’ingente quantità di dati a disposizione e la ricca platea di persone infettate e vaccinate. Si è anche estesa l’indagine agli altri vaccini a disposizione, riportando riduzioni percentuali statisticamente sovrapponibili.
Tuttavia, non è ancora chiaro se la vaccinazione protegga le persone dal Long COVID indotto da Omicron, ormai la variante dominante.
Se la durata di degenza media è scesa con l’attuale variante, la sindrome del Long COVID sembra non riscontrare una riduzione significativa. La mitezza iniziale di un’infezione può non dire nulla sulla comparsa di sintomatologia successiva, infatti la maggior parte dei casi di Long COVID si è sviluppata dopo infezioni lievi (dato influenzato dalla maggior presenza di sintomatologia ridotta).
Comparso su Agenzia Eventi