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I segni di una pandemia

Il 17 Aprile, in pieno lockdown, sulla rivista Science fa la sua apparizione un paper intitolato “How does coronavirus kill? Clinicians trace a ferocious rampage through the body, from brain to toes”, viene descritto il Sars-CoV-2 come un agente patogeno che si comporta come nessun altro osservato finora. Un virus, che soprattutto il quel 5% circa di pazienti che si ammalano in modo critico, risulta attaccare indistintamente quasi tutte le cellule dell’organismo. Dai polmoni al cervello, fino ad arrivare agli occhi e alle dita. In un articolo del 1 giugno su JAMA Cardiology intitolato “Association of Cardiac Injury With Mortality in Hospitalized Patients With COVID-19 in Wuhan, China” si evidenziava una comorbidità. Il danno cardiaco, come complicanza comune (19,7%), era associato a un inaspettato alto rischio di mortalità durante il ricovero. Si concludeva poi ipotizzando che non solo i danni cardiaci potessero essere dei fattori di rischio ma anche delle sintomatologie dell’infezione. Secondo delle osservazioni in casi clinici con MERS-CoV, pazienti privi di patologie cardiache pregresse mostravano miocardite acuta, manifestata come edema miocardico e lesione miocardica acuta delle pareti apicali e laterali del ventricolo sinistro. Lesioni derivanti da infezioni virali dirette, vista l’espressione considerevole del recettore ACE2 anche sui tessuti cardiaci, oltre che su quelli polmonari. Era dunque razionalmente ipotizzabile che anche Sars-CoV-2 inducesse danno cardiaco. In un articolo successivo, 27 luglio, pubblicato sempre sulla rivista JAMA Cardiology, si evidenziamo come su 100 pazienti, non presentanti malattie cardiache pregresse, il 78% mostrava da risonanza magnetica un coinvolgimento cardiaco e per il 60% una infiammazione miocardica in corso. Miocardite evidenziata da un altro studio, sulla stessa rivista, su un campione, forse poco rappresentabile, di 26 atleti agonisti con età media di 19,5 anni. Gli atleti non avevo ricevuto terapia antivirale, nessun ricovero in ospedale e per i sintomatici (30%) solo lievi manifestazioni. Il 15% (4 atleti) presentava miocardite, un altro 30,8% (8 altleti) cardiomiopatia dilatativa. Un incremento di casi anomali di miocarditi era stato già riscontrato a fine marzo dall’ ASST Spedali Civili di Brescia. Oltre le evidenziate problematiche miocardiche risultano anche, secondo studi pubblicati su JAMA Neurology, manifestazioni neurologiche correlate. Da un campione cinese di 214 persone, con infezioni gravi per il 41% e non gravi per la restante parte, sono risultate manifestazioni neurologiche coinvolgenti SNC (sistema nervoso centrale), SNP (sistema nervoso periferico e muscoli scheletrici, per il 36,4% (78 pazienti). I pazienti con infezioni gravi avevano maggiore probabilità di sviluppare manifestazioni neurologiche, in particolare malattie cerebrovascolari acute, disturbi della coscienza e lesioni muscolari scheletriche. La maggior parte delle manifestazioni neurologiche si è verificata all’inizio della malattia, inoltre alcuni pazienti senza sintomi tipici (febbre, tosse, spossatezza) di COVID-19 sono arrivati ​​in ospedale presentando solo manifestazioni neurologiche. Un altro paper intitolato “Neurologic and Radiographic Findings Associated With COVID-19 Infection in Children”, del 1 luglio, evidenzia incidenza quasi del 20% di manifestazioni neurologiche in bambini positivi a COVID-19. Limite del lavoro un campione numericamente poco considerevole e non rappresentativo. Sono in corso ulteriori approfondimenti prendendo in considerazioni numeri, purtroppo, più cospicui di casi. Nei bambini evidenziato un concomitante aumento della malattia di Kawasaki, dati di Fondazione Veronesi, al 15 maggio mostrano un incremento di trenta volte nella diagnosi. Appena diciannove casi in cinque anni, febbraio 2015 – febbraio 2020, e oltre la metà tra il 18 febbraio e il 20 aprile, colpiti bambini contagiati da Sars-CoV-2.
Vuole questo articolo dunque rivolgere l’attenzione ad un aspetto forse poco evidenziato dai media tradizionali: il COVID-19 lascia segni, probabilmente molti più di quelli studiati e confermati in parte dagli articoli sopra riportati. Sembrerà ai non affini quasi scandaloso ma la scienza sta ancora imparando, a tentoni, uno studio dopo l’altro, come fossero pezzi di un puzzle.

Comparso su Agenzia Eventi

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