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Ci arriva anche l’Italia


Il 17 novembre 2020 sarà una data storica per la scienza italiana, sicuramente verrà ricordata da molti come una di quelle giornate che restituisce fiducia nel domani. La speranza di una vita migliore per i circa 7000 pazienti talassemici in Italia, meno preoccupazioni per i 3 milioni di portatori sani.
Presso l’Ospedale Bambino Gesù di Roma fa la sua apparizione una tecnica di editing genetico spesso trattata in questa rubrica, CRISPR/Cas9, Nobel per la chimica 2020.
I pazienti affetti da talassemia presentano emoglobinopatie di varia entità, comportanti una ridotta o assente sintesi di emoglobina con forme anemiche conseguenti. I trattamenti standard prevedono lunghe trasfusioni trisettimanali, la terapia risolutiva consiste nel trapianto di midollo osseo o cellule staminali da donatori compatibili, pratica complessa e spesso rischiosa.
Il protocollo sperimentale, CTX001, eseguito con successo nell’ospedale romano prevede il prelievo di cellule staminali del sangue del paziente, l’ingegnerizzazione con la tecnologia CRISPR per spegnere il gene BCL11A e la seguente reinfusione. Con tale modificazione genetica l’organismo è in grado di tornare a produrre emoglobina fetale (Hbf) che sopperisce alle carenza di emoglobina adulta. L’Hbf viene progressivamente sostituita durante la crescita, in un processo proprio regolato da BCL11A. In alcuni individui questo gene è normalmente spento e le situazioni anemiche risultano meno pronunciate, da qui l’idea del protocollo terapeutico.
Prima della reinfusione il paziente viene trattato con una terapia farmacologica chemioterapica volta a rarefare il midollo, in modo tale da far spazio alle cellule ingegnerizzate. Esse si moltiplicheranno ed in circa 3 mesi il paziente talassemico non avrà più bisogno di trasfusioni, non sarò dunque guarito, poiché la malattia genetica sarà comunque insita nel suo corredo cromosomico, ma riuscirà ad avere una vita “normale”. 

La sperimentazione coinvolge 13 centri tra USA, Canada ed Europa, promossa da Vertex Pharmaceuticals e CRISPR Therapeutics, due aziende biotecnologiche leader nello sviluppo e applicazione di queste terapie. Lo studio clinico in corso è denominato CLIMB-111 e prevede l’arruolamento di 45 pazienti volontari, finora 13 hanno ricevuto il trattamento. Prima di entrare nello studio, i pazienti avevano subito una media di 15 trasfusioni di sangue all’anno, mentre ora sono liberi da trasfusione.

In parallelo lo studio CLIMB-112 prevede l’applicazione del protocollo per un’altra patologia, l’anemia falciforme, un’altra emoglobinopatia caratterizzata da emoglobina strutturalmente non funzionale, a forma di falce. Anche in questo caso sono previsti 45 pazienti volontari, finora appena 6 sono stati arruolati e di questi 3 hanno ricevuto il trattamento.

Viste le potenzialità di questa tecnologia il dibattito si sposta su uno scenario ben più impervio. I pazienti affetti da talassemia o anemia falciforme, se pur curati con questo protocollo, potrebbero trasmettere potenzialmente la malattia alla propria progenie. Sorge dunque spontaneo domandarsi se sia giusto prevenire tali malattie genetiche utilizzando tecniche di editing basate su CRISPR negli embrioni. Correggendo direttamente le mutazioni che causano la malattia si avrebbe ipoteticamente una completa eradicazione. Voi cosa ne pensate?

Comparso su Agenzia Eventi

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