Vivere in una casa viva

Utilizzo di biomateriali per edilizia sostenibile

“Alexa come saranno le case del futuro?”. Sicuramente smart, intelligenti a tal punto da apprendere dalle nostre abitudini, da eliminare tanti piccoli gesti come accendere la luce, i riscaldamenti, la tv. Strutturalmente parlando invece quale sarà il prossimo passo?

L’arte della tecnica si affida per crescere all’osservazione della natura, dei meccanismi bio-chimici e fisici che abbiamo attorno. A tale osservazione non è ovviamente sfuggita la proprietà di piante e batteri di respirare, di fissare il carbonio, di crescere.
Nasce così la concezione di case mangia-smog, basandosi ovviamente su un’incessante ricerca nell’ambito delle scienze dei materiali.
L’Italia è in prima fila! Dimostrazione di ciò il progetto “Graphene Flagship” sviluppato da realtà come l’Università di Bologna, il Politecnico di Milano, il CNR e Italcementi. I ricercatori coinvolti nel progetto hanno sviluppato un fotocatalizzatore basato su un composto di grafene e biossido di titanio (TiO2).
I fotocatalizzatori sono molecole che svolgono azione di catalisi in determinate reazioni chimiche quando vengo attivati da fasci luminosi.
Cemento contenente la formula di grafene e biossido di titanio è in grado di ridurre inquinanti atmosferici azotati, compiendo un notevole passo avanti rispetto a progetti simili precedentemente sviluppati con nanoparticelle di anidride titanica.
Le applicazioni di questo composto sono numerosissime, basti pensare a tutto ciò che è realizzato con cemento. Si potrebbero avere strade e marciapiedi che respirano, oltre ovviamente ad abitazioni ed edifici di ogni tipo.
L’incredibile capacità di pulire passivamente l’aria, con la luce del sole come unica e semplice alimentazione. L’unico prodotto di scarto della catalisi è il nitrato, innocuo, verrebbe lavato via dalle superfici con la pioggia.

Come ci insegna la storia, la corsa allo spazio ha da sempre portato innovazione nelle nostre case. Se sta volta ci portasse proprio le case? Nella ricerca di materiali per la costruzione di possibili edifici sulla Luna e su Marte, la NASA si è concentrata su un’interessante branca dei biomateriali: la “mico-architettura”. Funghi!

Strutture funginee

Photo by Pixabay

Le strutture funginee micellari sarebbero adatte a fungere da mattoni e anche da bioreattori: capaci di produrre ossigeno, smaltire scorie ed emettere bioluminescenza. E’ quanto emerge dal centro di ricerca Ames della NASA.
Ovviamente la ricerca in questo settore è precoce ma sicuramente molto interessante, insomma, immaginate basi spaziali fatte da funghi!

Ben più avanzato è lo sviluppo di biomateriali batterici, in particolari batteri fotosintetici in grado di “respirare”. Nella University of Colorado Boulder si è sviluppato un calcestruzzo vivente rinominato “Materiale Frankenstein”, un blob verde ottenuto con gelatina, sabbia, acqua, nutriente e batteri ovviamente.
Questo maxi terreno di coltura permette ai batteri di crescere. In una giornata si origina un mattone vivo, che se tagliato si rigenera, dando vita a due mattoni e così via, fino ad otto.
Tale tecnologia porta la microbiologia laddove non si credeva possibile fine a poco tempo fa.

Foto di armennano da Pixabay

I protagonisti indiscussi del Materiale Frankenstein sono ovviamente i batteri, cianobatteri Synechococcus nello specifico. Essi sono in grado di assorbire CO2, quando esposti alla luce, ed utilizzarla come carburante.
Come prodotto di scarto rilasciano carbonato di calcio che addizionandosi alla sabbia rafforza la struttura. Arrivati ad un punto critico i batteri tendono a morire ma se il calcestruzzo venisse danneggiate basta dell’acqua per ravvivare i cianobatteri, che cresceranno di nuovo riparando il materiale.
Le possibilità anche qui sono moltissime, possono essere utilizzati anche materiali di scarto, come proprio il cemento, per sostituire la sabbia. Tutto ciò rende il materiale a bassissimo impatto ambientale, in grado di purificare l’aria e di autoripararsi. Offre, inoltre, la possibilità di costruire in zone remote ed ostili come deserti o… Marte! Per tale ragione è forte l’attenzione della NASA e della DARPA sul progetto della Colorado Boulder.

La risposta quindi è “Si, le case del futuro saranno senza dubbio VIVE!”. 

SPUNTI UTILI

  • La sostenibilità del nostro sistema alimentare passe per l’adozione su larga scala di una tecnologia che è sempre stata vista come un tabù: l’ingegneria genetica;
  • Oltre a cambiare i modelli alimentari per renderli più sostenibili dovremo, nel prossimo futuro, rivoluzionare molti altri campi come l’urbanistica
  • Avete mai pensato ad un’auto che producesse cibo? E a birra ad impatto zero?
  • L’italia puà essere un esempio virtuoso nella produzione di bioplastiche;
  • L’Italia può essere un esempio virtuoso nella produzione di energie rinnovabili. Sapevate che siamo tra i primi in Europa insieme all’Islanda per la geotermia?!
  • Che ci piaccia o no le nostre città diventeranno sempre più smart, qualcuna prima di altre!

Foto del “Villaggio dei Puffi” di Bardineto

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